di: Francesco Fanesi
(già apparso su www.arvultura.it)
La bella intervista che Valentina Conti (fondatrice della casa editrice anconetana Affinità Elettive) ha realizzato con il nostro illustre concittadino Sergio Anselmi ci presenta in questo libro, è assolutamente piacevole e densa di spunti di riflessione.Il libello, nella prima parte impostato in forma dialogica, ci fa immergere in quello che possiamo definire una sorta di bilancio o testamento culturale che lo storico senigalliese lascia trasparire tra le righe.Tratteggiare qui chi è stato Sergio Anselmi per la nostra regione e per la cultura italiana in generale non è semplice. Ci basti ricordare che l’importanza del lavoro storiografico del professor Anselmi sta anche nell’aver dato una definizione, storica e culturale, alla identità marchigiana e, perché no, mediterranea. Anche se, come si evince dalle sue parole, non si considera appartenente a nessuna corrente storiografica, di certo possiamo collocarlo in quel grande mare che è la storia sociale, cioè quella che da voce alle “classi mute”, che piace a quelli come me (e come lui) che guardano il mondo “da sinistra”; dunque una dimensione antropologica del passato fatta di “personaggi minori, di disgraziati le cui biografie non verrebbero mai alla luce” senza il grande ed instancabile lavoro di studio e analisi delle fonti: le imposte, le provviste alimentari, gli appalti, le merci, le banche, i registri parrocchiali…Ed è da qui che Anselmi è partito anche per un’interessante esperimento di contaminazione tra generi: lo storiografico ed il letterario, dalla storia alle storie. La realtà fatta di durezza e di meschinità che traslata ai giorni nostri non sembra molto mutata, anzi, a suo dire, oggi “i mass media amplificano le perfidie ed a volte le nascondono perché lo spettacolo deve andare avanti. A sostegno del mercato”.Dissertando di storia, dall’alto della sua esperienza, non poteva che lanciare un monito a chi si occupa di essa e di politica, monito che spesso si tende ad ignorare o dimenticare: “alcuni desiderosi di dare un senso al presente pensano di studiare alla svelta il passato, e si attacca anche a fragili maglie pur di rispondere al proprio bisogno di certezza , magari politica.” Credo che nessuno, facendo un po’ di introspezione, possa autoassolversi dai peccatucci intellettuali di cui ci ammonisce Anselmi.Nelle riflessioni del nostro non manca nemmeno un perfetto esempio di lungimiranza basata sulla conoscenza antropomorfica del territorio marchigiano. Affrontando infatti l’argomento delle trasformazioni in senso industriale del paesaggio rurale, in un passaggio della discussione Anselmi quasi preconizza i disastrosi eventi alluvionali che ci hanno poi toccato da vicino. È inquietante e angosciante vedere ancora una volta come sarebbe importante ascoltare la voce di chi, con passione ed autorevolezza forgiata dal duro lavoro di ricerca, è capace di cogliere dal passato alcuni tratti del futuro, non perché abbia doti di veggenza ma perché ha le chiavi di lettura del presente che spesso mancano del tutto a chi è demandato a gestire, condurre e governare l’oggi.La seconda parte del libro è intitolata “la mia piccola, domestica guerra 1943-1946”. È uno scritto agile in cui Anselmi racconta la sua vicenda personale negli anni tra l’inizio della resistenza e la successiva liberazione. È di interesse perché ci da uno spaccato di vita quotidiana della nostra cittadina in quegli anni cruciali per la storia italiana. Vale la pena ricordare che il periodo che va dal passaggio del fronte alla liberazione di Senigallia da parte delle truppe polacche, è rimasto nell’ombra, un vuoto di notizie colmato solo da scarsi materiali d’archivio e da racconti della stampa provinciale. Ecco perché la lettura di queste pagine, per chi è interessato, suscita curiosità ed attenzione, non mancando nel racconto anche particolari perfino “piccanti”…Buona lettura
Sergio Anselmi: conversazioni sulla storia di Valentina Conti, Affinità Elettive