Dal 20 al 22 Aprile prossimo andrà in scena il secondo festival Eterotopie (evento fb) della libreria indipendente Sabot; tre giorni i incontri, dibattiti, presentazioni di libri, mostre e concerti allo Spazio Autogestito Comune TNT di Jesi (AN).
QUI IL PROGRAMMA COMPLETO
Per la seconda edizione del festival abbiamo scelto di approfondire il tema della post-verità, da intendere come fenomeno che segnala l’invasione nel nostro tempo delle cosiddette fake-news.
Proveremo ad interrogarci intorno ad uno dei fenomeni che più di tutti stanno caratterizzando la nostra società, dalla politica, all’economia, dal giornalismo alla satira: quello delle fake-news, che ha invaso le nostre vite, oltre che le bacheche dei social network e le pagine, cartacee o virtuali, dei giornali.
I tre giorni di festival si concentreranno, nello specifico, sul rapporto tra verità e nuovi media per chiedersi se l’epoca della post-verità sia una peculiarità del nostro tempo o se rappresenti un fenomeno facente parte da sempre parte della società.
Se infatti si parla, a ragione o torto, di post-verità, lo si lega sempre all’esplosione di internet e al suo inserirsi nella nostra quotidianità fino a egemonizzarla, andando a costituire uno degli spazi – anche se virtuale – più attraversati da ciascuno. Se ricorriamo ad internet per documentarci e rimanere informati, affidiamo alle app e ai dispositivi elettronici anche il nostro svago, le nostre memorie e la mediazione dei contatti con gli altri.
Vorremmo affrontare questi temi con uno sguardo obliquo in grado, anziché rigettare questi nuovi dispositivi o alimentare ulteriori visioni distopiche della realtà, di fare in conti con qualcosa che ormai è parte delle nostre vite e produrre analisi critica e consapevolezza.
La forza della rete si è espressa infatti anche amplificando la messa in relazione di passioni, progetti e lotte, ma dobbiamo sempre tenere a mente che non ci troviamo né in un luogo neutro né senza controlli, come mostrano bene i recenti studi sui big data o l’affare Cambridge analitica.
Da questo punto di vista la rete resta uno spazio come gli altri, fatto anch’esso di confini e con la possibilità di essere disciplinato, semmai in maniera meno visibile rispetto al reale.
Internet, con la sua presunta orizzontalità e la possibilità che questa ha dato ad ognuno di esprimersi, ha riportato prepotentemente al centro del dibattito la questione della verità.
La maggior parte delle notizie, delle nozioni e delle nostre interazioni passano attraverso la rete; l’utente è oggi tanto passivo quanto attivo, fruitore e creatore di contenuti e di discorsi. Ciascuno viene a contatto quotidianamente con un gran numero di stimoli e di informazioni mettendosi in rapporto, in maniera più o meno consapevole, con il vero e il falso in tutte le sue sfumature.
Il fenomeno delle fake-news è in questo emblematico in quanto, a partire da una narrazione totalmente arbitraria laddove non direttamente falsa, produce effetti reali e consistenti sulle nostre vite.
C’è innanzitutto da interrogarsi sulla genesi storica di questo fenomeno e se effettivamente ci troviamo o meno a vivere nell’epoca della post-verità.
Come dice Baricco in un suo articolo, il definire il nostro tempo come epoca della post-verità rischia di essere doppiamente controproducente: in primis perché la menzogna è sempre esistita e utilizzata a fini politici; secondo perché la definizione della nostra epoca come epoca della post-verità apre la strada all’accettazione del falso come qualcosa di costitutivo della realtà stessa, eliminandone ogni percezione critica.
Se è vero che oggigiorno si dà un utilizzo massiccio dell’informazione falsa a tutti i livelli, c’è da tenere a mente che rappresenta una delle modalità con cui storicamente il potere e la politica hanno giustificato delle scelte altrimenti ingiustificabili.
Al tempo stesso, è però a nostro avviso importante analizzare e soppesare debitamente il cambiamento che l’accessibilità alla rete ha prodotto rispetto alla diffusione del falso e alla sua incidenza nella società reale.
Quanto si distanzia il web dalla realtà? Quali sono i legami e le interazioni?
Nella società 2.0 è naturale pensare ad un’incidenza massiccia dei contenuti e dei discorsi che circolano su internet nella vita quotidiana di ciascuno; internet è ormai il luogo in cui ciascuno di noi passa gran parte della propria vita, dove ci si informa, ci si “forma”, si costruiscono e mantengono relazioni e contatti, si trova lavoro (e si lavora), ci si rilassa. In queste condizioni è chiaro che la maggior parte delle notizie e informazioni che apprendiamo sono mediate (o meglio non mediate) dalla rete.
La rete riconfigura anche il modo di apprendere e di comprendere, la qualità e la velocità con cui otteniamo notizie e informazioni. Con la diffusione di internet, il flusso di informazioni ha conosciuto un’esponente velocizzazione che molto spesso rende difficile, se non impossibile, la fruizione critica delle stesse. La necessità di “essere sempre sul pezzo”, di essere i primi a far uscire la notizia porta spesso, quando non è apertamente voluto, alla diffusione di notizie approssimative o addirittura false, le fake-news appunto. C’è poi un livello volontario di creazione e diffusione di contenuti falsi dovuto sia alla possibilità di guadagno legato al fenomeno del click-bathing che alla costruzione di immaginari a sostegno di idee e azioni politiche.
Recenti ricerche dimostrano che una notizia falsa viaggia in media il 70% in più rispetto ad una notizia vera.
Di fronte a questa nuova situazione come comportarsi? Ci troviamo costretti ad accettare un mondo in cui non vi sia più spazio per la verità, dove solo la menzogna più convincente debba avere la meglio o possiamo aspirare a preservare uno spazio per la verità e impegnarsi affinché possa emergere?
Sicuramente è nostro compito impegnarsi da un lato per smascherare l’utilizzo del “falso“ a vantaggio di prospettive razziste e fasciste (si pensi al revisionismo storico, alla creazione di immaginario attraverso notizie false, all’utilizzo dei social network e dei meme da parte di populisti e nuove destre per alimentare la guerra tra poveri in una società in cui sono sempre meno presenti gli anticorpi della critica) e dall’altro nella costruzione di “buona” informazione e nuove narrazioni in grado di aiutarci alla trasformazione della società che quotidianamente cerchiamo di portare avanti.
Eterotopie è anche e soprattutto un festival del libro. Contrariamente al mondo virtuale, il libro è un oggetto reale e concreto, dove uno sforzo attivo di lettura può portare alla creazione di nuovi immaginari. E’ curioso, pensando alle fake-news le abbiamo subito associate a storie, a romanzi rocamboleschi e fantastici e forse è per questo che risultano essere particolarmente coinvolgenti e potenti. Raccontano il mondo sfruttando a pieno le problematiche strutturali della realtà stessa in cui viviamo; esprimono le nostre paure rispettando a pieno il principio dell’iceberg di Hemingway, dove la parte significativa della storia rimane sommersa. Ma come sosteneva lo stesso scrittore la parte importante è quella che non si vede. Forse, per acquisire quella consapevolezza citata precedentemente avremmo bisogno di leggere di più. Ci scontriamo oggi più che mai con la mancanza di storie; storie di cui invece abbiamo bisogno, visto il potere della narrazione di costruire immaginario e immaginare nuove prospettive al di fuori di schemi prestabiliti, stando bene attenti però e ricordare che le storie sono cosa ben diversa dall’informazione.
Dobbiamo allora partire da questi interrogativi, da questi brevi appunti per analizzare il fenomeno e cercare delle risposte che ci aiutino a combattere questo modello di società iperconnessa e per niente critica, ad una politica in cui conta solo spararla più grossa senza più che si dia importanza alle conseguenze e ai risultati che queste comportano; ad una prospettiva economica in cui le nostre vite sono sempre più al centro dello sfruttamento e dove la nostra privacy e il nostro lavoro gratuito non fanno che contribuire alla polarizzazione della ricchezza nelle mani di pochi; in ultimo la necessità di un ritorno al reale non in opposizione alla rete, ma come piano costitutivo in cui solo possono avvenire le trasformazioni e dove solo è possibile costruire socialità e condivisione, saperi e resistenza.