Cronofagia, ovvero di come il capitalismo ti ruba il sonno

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di: Joe Kac

Il nostro tempo vede progressivamente una sempre maggiore preminenza della dimensione temporale rispetto a quella spaziale.

Grazie alle innovazioni tecnologiche diventa sempre più semplice entrare in contatto con persone molto distanti da noi e coprire in breve tempo distanze importanti; inoltre, la tecnologia riduce il tempo necessario al compimento di tutta un serie di attività quotidiane, contribuendo ad aumentare il tempo libero di ciascuno.

Eppure è sempre più comune la sensazione di non avere abbastanza tempo, di essere sempre in ritardo.

Davide Mazzocco, nel suo Cronofagia (D editore, 2019, 127 pp., euro 12.90) ci mostra come il capitalismo riesca a trarre vantaggio da questa condizione, utilizzandola per accrescere ancora una volta la sua capacità di accumulazione.

La produttività del tempo libero

Grazie alla tecnologia, la produttività del lavoro aumenta notevolmente, sia in quanto accresce la produzione nell’unità di tempo sia in quanto facilità l’interazione e la connessione tra soggetti.

Se precedentemente, però, l’attività produttiva si limitava al tempo che materialmente veniva trascorso nel luogo di lavoro, oggi è l’interezza delle nostre vite ad essere produttrice di valore.

Da un lato infatti, essendo sempre reperibili e connessi, ci si trova a lavorare ben oltre l’orario di lavoro “ufficiale”, e dall’altro, con la nostra attività in rete, produciamo incessantemente dati che producono ricchezza per chi li detiene e può disporne a proprio piacimento.

Il tempo di lavoro, allora, non è più soltanto quello in cui svolgiamo ufficialmente l’attività lavorativa, ma lo diventano anche il nostro tempo libero e di riposo.

Ancor di più oggi è proprio questo a costituire l’ambito terreno di conquista del capitale che mira ad appropriarsi di un tempo la cui valorizzazione è massima: chi produce valore lo fa volontariamente senza richiedere alcuna retribuzione per il lavoro svolto.

Ci mostra bene Mazzocco come l’obiettivo del capitale diventi allora quello di erodere quanto più possibile – all’interno del nostro tempo libero – il tempo di inattività per favorire quello di attività, cioè quello in cui interagiamo con dispositivi tecnologici e produciamo così valore.

Le attività in rete rendono ciascuno di noi al contempo lavoratore e consumatore, cosicché ci troviamo a pagare due volte: una prima quando, con il lavoro di immaginazione, aggiungiamo valore alla merce che verrà prodotta e una seconda quando compreremo qualcosa con il «sovrapprezzo che la [nostra] mente ha contribuito a costruire».

L’ipercapitalismo fa apparire lo sfruttamento come una libera collaborazione

Per descrivere queste nuove forme di sfruttamento e accumulazione possiamo allora parlare di “ipercapitalismo”, cioè della capacità da parte del sistema di far apparire lo sfruttamento del tempo libero come la «giusta ricompensa per lo sfruttamento del lavoro».

Attraverso la messa a valore del tempo libero aumenta esponenzialmente la possibilità per il capitale di produrre un profitto generato con la libera “collaborazione” degli individui che non si rendono conto di come il loro tempo di “svago” sia comunque produttore di ricchezza.

Questo meccanismo è ben comprensibile se si guarda ai social networks dove, nell’utilizzarli, ognuno è un «doppiolavorista inconsapevole»; ogni interazione con questi, infatti, produce mole di informazioni che i proprietari possono vendere ricevendone un enorme guadagno.

Alla conquista del sonno

Di fronte a questa tendenza non stupisce il tentativo sempre più sistematico di messa a valore del nostro tempo libero, fino ad arrivare al tentativo di conquista sonno; il tempo passato a riposare è infatti tempo improduttivo e di conseguenza non produttore di valore.

Allora le piattaforme che forniscono contenuti video come serie tv o film hanno interesse ad eroderlo il più possibile, sviluppando fenomeni come quello del binge-watching.

Questo fenomeno consiste nell’assoldare persone a cui sottoporre in anteprima maratone di nuovi contenuti, così da testare e dar vita a prodotti che rendano lo spettatore dipendente, portandolo a rinunciare al sonno e al riposo pur di rimanere attaccato allo schermo, con conseguenze dannose sul corpo e la psiche degli individui.

Voglio la tua attenzione

Dal testo di Mazzocco emerge in definitiva l’obiettivo di eliminare ogni momento che sfugga alla possibile messa a valore: «i pochi interstizi di libertà che in passato sarebbero stati tempi morti vengono oggi occupati da strumenti digitali che espellono la noia dalle nostre vite e ci rendono reperibili e potenzialmente attivi 24/7… Non c’è interstizio del nostro tempo che non possa essere colmato».

Ci troviamo pienamente immersi in quella che viene chiamata “economia dell’attenzione” in cui si mira a ridurre il più possibile ogni momento di inattività.

Diventa allora centrale la spinta verso la riappropriazione del nostro tempo libero che anziché costituire la dimensione per un nuovo sfruttamento deve tornare ad essere il tempo «della fantasia, della creatività e dell’autocoscienza».

Consiglio 2: se vuoi approfondire l’argomento, dopo aver letto Cronofagia, puoi leggere anche Scansatevi dalla luce, edizioni Effequ