“I divertenti personaggi di Joan Cornellà compiono le azioni sbagliate al momento sbagliato per le ragioni sbagliate e tuttavia fanno in qualche modo la cosa giusta.” Kaz
Approcciarsi all’umorismo dell’illustratore spagnolo Joan Cornellà non è facile. Il suo repertorio di uomini rosa dalle forme stilizzate, deformate, abitanti un mondo fatto di situazioni improbabili, decisamente splatter ed eticamente indecifrabile può scoraggiare. Quando ho portato a casa questo libro, a metà strada tra fumetto e illustrazione, l’ho fatto vedere a mia madre e lei mi ha guardato come se fossi un demente: quelle pagine colorate erano assolutamente senza senso, le storie raccontate incomprensibili, i soldi spesi per comprarlo buttati nell’immondizia. Ma non è solo la differenza anagrafica a contare, anche molti miei coetanei restano indifferenti di fronte a queste tavole, come davanti a dei brutti geroglifici. E’ un opera talmente particolare che una mia ex un giorno mi ha confessato di usarlo come test, dividendo il mondo in quelli che lo capiscono e quelli che no.
Ma andiamo per ordine: strutturalmente il libro è composto da una serie di tavole illustrate, ogni tavola coincide con una pagina. Le tavole sono suddivise in un numero variabile di vignette, completamente senza dialoghi, che raccontano una sequenza di eventi la quale termina con la tavola stessa: il libro è quindi una serie di micro-storie da una pagina, slegate tra loro ma accomunate dai colori, da alcuni personaggi ricorrenti, dai luoghi e da azioni non-sense. Dalla ripetizione di questi elementi comuni emerge un mondo, simile a quello reale ma apparentemente governato da leggi diverse, in cui per esempio è normale ammazzare qualcuno, mostruoso ma dai tratti umani, per far scendere le scale ad una vecchietta in carrozzina: e la vecchietta sarà grata per l’azione che le ha permesso di superare un’insormontabile barriera architettonica, e l’omicida ricambia la sua gratitudine. Fondamentalmente, in questa tavola non c’è nient’altro da capire: il senso è tutto nella superficie, in quello che appare. E così nelle altre.
Quest’ultima è la più incomprensibile del libro: perché l’uomo che urina sulla porta viene ammazzato a bastonate, mentre quello che defeca nel bidone viene premiato con una medaglia? Chi sono queste donne incappucciate? Ci sono varie interpretazioni possibili: c’è chi ci vede un’esasperata vendetta femminile, per cui l’uomo che piscia “di fuori” viene punito brutalmente. Ma il punto non è trovare l’interpretazione giusta: il punto è che in questo mondo di finzione vi sono delle regole ben precise, le quali, nonostante non abbiano senso, sono applicate alla lettera. Spesso con notevoli effetti umoristici:
Il fulcro di queste regole e dell’umorismo dell’opera è tutto nel gioco delle apparenze. Il giudizio su buono e cattivo, giusto e sbagliato, è sospeso e la logica che dovrebbe governare il nostro mondo, quello reale, non ha valore: l’importante qui è conformarsi all’esteriorità delle cose. Anche se, o forse proprio per questo, nel libro l’esteriorità trae sempre in inganno:
Tuttavia non c’è problema, perché nella scala di valori del mondo di Cornellà è proprio l’esteriore ad occupare la posizione più alta e, molto machiavellicamente, il fine giustifica sempre i mezzi, anche se resta oscuro o futile. L’essenziale è che le situazioni siano risolte in modo da “salvare” le apparenze, da adeguare la superficie delle cose e delle circostanze: non importa se la soluzione è dal nostro punto di vista completamente irrazionale, o se ciò che appare sia assurdamente (fra)inteso dai personaggi: una soluzione vale l’altra, anzi vale di più quella più assurda.
Dunque, non importa se a morire sia l’aggressore o l’aggredito; l’importante è risolvere l’aggressione. Dalle situazioni che troviamo nel libro e che in parte abbiamo presentato, potrebbe emergere la sensazione che ci sia una forte dose di cinismo in questi personaggi. In realtà, all’interno della finzione è tutto normale, gli attori sono convinti di operare per il bene e gli ampi sorrisi che quasi sempre campeggiano sui loro volti sono sinceri e perfettamente idioti. Non è cinismo, è un sentimento dell’assurdo quello che sentiamo di fronte al mondo creato dall’autore.
Come nel teatro dell’assurdo, troviamo situazioni che partono da elementi reali, combinati però in una dimensione che ha leggi proprie, razionalmente inaccettabili, nel quale i fatti succedono e si susseguono in maniera analogica: gli effetti non sono più generati da cause sensate, gli eventi sono collegati da analogie, similitudini, coerenze superficiali. E come questo tipo di teatro riconduce ad una critica della realtà, anche le illustrazioni di Cornellà ci consegnano frequenti spunti grazie ai quali la logica dell’assurdo emerge nel mondo reale:
Allora all’improvviso ci accorgiamo che c’è qualcosa che non va, l’umorismo diventa sempre più nero e comprendiamo che il cinismo che sentiamo proviene dalla realtà che ci circonda, il sorriso si trasforma in una smorfia e non siamo più ben sicuri in quale dei due mondi viviamo.
Per questo, è un libro che vale la pena leggere.
Mox Nox, di Joan Cornellà, pubblicato in Italia da Eris Edizioni.