E’ curioso che in Italia il discorso pubblico sia stato monopolizzato dal tema migratorio negli ultimi mesi o anni, ma nessuno abbia mai parlato di sterminio di massa perpetrato in numerosi stati africani e nel Mare Mediterraneo e finanziato dai governi dell’Unione Europea.
Quali differenze si notano tra i volti dei sopravvissuti all’inferno delle prigioni libiche e quelli, in bianco e nero, delle foto d’archivio dei superstiti dei lager nazisti?
Nessuna.
In entrambi i casi, nei loro occhi, il vuoto, lo spossamento di chi ha subìto mesi o anni di privazioni e percosse, ha vissuto imprigionato in campi di detenzione sovraffollati, in situazioni di grave denutrizione e sotto il fucile spianato delle guardie carcerarie che, all’occorrenza oppure a caso, non esitavano e non esitano a fare fuoco. Come mai allora rimaniamo sconcertati di fronte alle immagini della Shoah riprodotte incessantemente dalla televisione ogni 27 gennaio e che appartengono al dominio della storia, mentre restiamo indifferenti al destino di morte di migliaia e migliaia di uomini, donne e bambini che oggi cercano disperatamente di raggiungere il continente europeo?
Flore Murard-Yovanovitch, scrittrice e giornalista nata in Francia, nel libro “L’abisso. Piccolo mosaico del disumano” (Stampa Alternativa, 2017) non ha l’obiettivo di rispondere a queste domande, le pone direttamente al lettore, italiano o europeo che sia. La sua missione è di scuotere le nostre coscienze di bianchi privilegiati, abitanti della “Fortezza Europa”, e di offrire un contributo in vista di una necessaria sollevazione generale in difesa dell’umanità.
Persegue il suo obiettivo lanciando l’allarme: il 31 ottobre 2014, con la sospensione di Mare Nostrum, le politiche dell’Unione Europea nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo internazionale hanno messo in campo un carico di violenza che non si verificava dalla Seconda Guerra Mondiale. I dati sono eloquenti: dal 1° gennaio 2015 al 22 aprile 2015 sono “annegati” nel Mediterraneo 470 migranti; per lo stesso periodo nel 2014 i morti erano stati 15; tra marzo e luglio 2016, nel braccio di mare che separa le coste italiane da quelle libiche, sono morte 2600 persone, una media di 20 morti al giorno, palesemente le cifre di uno sterminio.
Certi diranno che se la sono andata a cercare, la morte in mare su un barcone; questi non sanno però che nelle carceri libiche la morte era ancora più certa. Gli europei oggi preferiscono far finta di niente, girarsi dall’altra parte, in fin dei conti cento “negri” in meno nel nostro paese e si sta meglio tutti. Oppure no? Oppure c’è ancora chi prova ribrezzo di fronte a queste atrocità, chi sente gravare la propria responsabilità come un macigno sulla coscienza? Perché questa esiste; troppo facile scaricare le colpe esclusivamente sui nostri governanti; tra il 2015 e il 2016 – il libro analizza questo arco cronologico, ma non che le cose oggi siano migliorate – noi abitavamo la Fortezza Europa e a queste persone che ci tendevano la mano in mare abbiamo risposto con EunavforMed (Forza navale mediterranea dell’Unione Europea), che se viene mascherata come azione di contrasto ai trafficanti di esseri umani, è nella realtà dei fatti un’operazione anti-migranti.
L’Unione Europea ha finanziato i governi più genocidari del continente africano con lauti compensi, imponendo loro di non lasciare passare i migranti; sia che provenissero da quel paese oppure che vi transitassero, l’obbligo era ed è: fermare i migranti ad ogni costo! E questi governanti hanno svolto bene il loro compito, visto che in tema di repressione e persecuzioni sono tra i campioni a livello mondiale: per fare degli esempi, il presidente del Sudan è accusato dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità, di guerra e genocidio nel Darfur, con le sue 400.000 vittime e circa 2,7 milioni di sfollati; a questo specialista in deportazioni e sparizioni di massa la “civilissima” Unione Europea ha assegnato 45 milioni di euro, ma ben presto il Commissario Europeo per lo Sviluppo ha annunciato un ulteriore aiuto di 100 milioni. Oppure l’Eritrea, paese in cui vengono commessi crimini contro l’umanità dal 1991 e dove il governo è stato recentemente accusato di schiavitù, reclusione, sparizioni forzate, tortura, persecuzioni, stupri e omicidi.
C’è il pensiero dell’annullamento dell’Altro, che sta riemergendo spaventosamente in tutto l’Occidente, a sostenere queste brutali politiche. La “percezione delirante” dell’immigrazione come invasione e pericolo da fronteggiare, piuttosto che come opportunità sociale, economica e culturale per le comunità di destinazione dei migranti, ha portato il senso comune ad espungere dal proprio seno la solidarietà verso chi è più svantaggiato di noi. E’ quindi la disumanizzazione del migrante, interiorizzato come fardello da dover sopportare a nostre spese, a legittimare le decisioni dei governi d’Europa di esternalizzare le frontiere per tenere i migranti il più lontano possibile dalla nostra vista.
Non è possibile fare sconti: siamo tutti responsabili di questo scempio!
“L’abisso” ricostruisce in tre capitoli il “mosaico” della brutalità riservata dagli occidentali, tra il 2015 e il 2016, a chi cerca un futuro di salvezza lontano dal proprio paese d’origine, in cui imperversano guerra, miseria, negazione della dignità e dei diritti umani. Sono tasselli dello stesso spietato disegno di eliminazione che si estende fuori e dentro i confini europei: Murard-Yovanovitch riferisce anche delle numerose morti avvenute nelle frontiere interne al continente europeo, segnate da una progressiva militarizzazione.
L’invettiva della scrittrice contro i governi e i popoli d’Europa è difficilmente contestabile perché si affida a fonti ufficiali dell’Unione Europea e del governo italiano, dell’Agenzia Onu per i rifugiati, delle ONG che si occupano del salvataggio di vite in mare e di alcuni dei maggiori quotidiani nazionali e continentali.
Nella postfazione Alessandro Dal Lago osserva che nel 2017 in Italia si è verificata una svolta, con la criminalizzazione mediatica delle ONG che operavano nel Mediterraneo, per nulla supportata da prove di connivenza con la criminalità dei trafficanti di esseri umani. Questo è indice di una situazione in via di peggioramento e se l’odio non sarà più tenuto a freno, potrebbe anche tracimare e sommergere l’intera Europa.
“L’abisso. Piccolo mosaico del disumano” non è per nulla una facile lettura; al contrario lascia, nel lettore europeo, un forte senso di vomito, un profondo vuoto interiore, come di spaesamento, un vuoto che può e deve essere colmato di rabbia e di azione: è ciò che desidera Flore Murard-Yovanovitch.