Mrs. Caliban, una recensione

di Rosella Simonari

Rachel Ingalls non è una scrittrice mondana. Della possibilità di andare in giro a presentare i suoi libri, dice che le sembra di sentirsi come “il nuovo arrivo allo zoo”. Non fa parte di nessun social e pare non abbia il telefono. È statunitense ma vive in Inghilterra da molto tempo. Detto questo, il suo libro più famoso, Mrs. Caliban, incanta per la commistione di generi (a metà strada fra favola romantica, racconto un po’ trash e indagine psicologica), la prosa scorrevole e gli spunti di riflessione quasi in ogni pagina. È un libro del 1982 che solo nel 2018 è stato tradotto in Italia da Damiano Abeni per Nottetempo. Il 5 marzo, ne abbiamo parlato al Gruppo di Lettura della Libreria Indipendente Sabot, situata presso il Centro Sociale Autogestito TNT di Jesi (Ancona).

La protagonista di questa storia è Dorothy, nome evocativo che rimanda alla Dorothy de Il meraviglioso mago di Oz di Frank Baum, celebre romanzo per bambini pubblicato negli Stati Uniti nel 1900 e reso ancora più famoso dal film del 1939 diretto da Victor Fleming (regista di Via col Vento), che vide nel ruolo principale Judy Garland. La Dorothy di Baum viene trasportata da un ciclone in un mondo fantastico dove iniziano le sue avventure. In modo simile, la Dorothy di Ingalls, casalinga depressa per via di un matrimonio in crisi e la perdita di due figli, inizia a suo modo un viaggio ‘fantastico’ quando si presenta a casa sua “una gigantesca creatura che sembrava una rana alta due metri” che dice di chiamarsi Larry (non è il suo vero nome, “noi non diamo nomi” dice della sua cultura, ma questo è un nome che riusciva a pronunciare). Si tratta di un essere non umano fuggito dal laboratorio in cui era rinchiuso, studiato e torturato, che le chiede aiuto. Dorothy accetta la sua richiesta, accetta le sue avances (praticamente subito) e architetta un piano per farlo tornare a casa sua nel Golfo del Messico. A questo proposito ricorda il recente film La forma dell’acqua (2017) di Guillermo del Toro. Intorno a questo rapporto di conoscenza reciproca e inusuale si articolano le vicende delle persone che stanno accanto a Dorothy, quali il marito infedele Fred, l’amica divorziata Estelle e il giardiniere Mendoza.

A questo punto è importante parlare del titolo che è alquanto enigmatico. Nel libro il nome Caliban non viene menzionato per cui non è chiaro se sia il cognome di Dorothy e consorte. Il nome Caliban, però, ha ben altri rimandi. Caliban, infatti, è uno dei personaggi de La tempesta (1610-1611) di William
Shakespeare, anch’essa dedicata ad un viaggio, o meglio al naufragio di una nave che conduce i protagonisti, Prospero e sua figlia Miranda, su di un’isola. Caliban, mezzo uomo mezzo mostro e figlio della strega Sycorax, è l’unico abitante di quest’isola e diverrà il servitore di Prospero. Ingalls è un’appassionata di Shakespeare e la scelta del titolo si presta a varie interpretazioni. Il nome
Caliban è collegabile a Larry, il Mostruomo, come viene definito nel libro. Ma ‘Mrs.’ designa una signora, più precisamente una signora sposata. Si tratta di Dorothy che però è sposata con Fred anche se idealmente vive un felice rapporto di coppia con Larry. Questo fa di lei un mostro? Forse sì agli occhi
degli altri. Forse sì anche da un altro punto di vista, quello della malattia mentale. Prima dell’arrivo di Larry, sappiamo che Dorothy ascolta spesso la radio e che qualche volta quelli che sente sono dei messaggi rivolti direttamente a lei. È così? O Dorothy vive parzialmente dentro un’allucinazione? “Non pensava che stesse diventando pazza, almeno non ancora” dice a tal proposito. E quindi Larry è reale o pura immaginazione? Durante la discussione del Gruppo di Lettura si è parlato molto di questo aspetto. Nella sua rilettura postcoloniale del 1969, Aimé Césaire rappresenta Caliban come uno schiavo nero che si ribella al padrone. E forse, in Mrs. Caliban, c’è questo elemento.

Dorothy sembra schiava della quotidianità che vive con Fred, “credo che siamo troppo infelici per arrivare al divorzio”, dice rassegnata, ma, con l’arrivo di Larry, riesce a scappare da quel mondo costrittivo e a sedimentare una sua forma di ribellione, anche fosse solo nella sua testa. Ingalls incalza sulle ambiguità e lo fa molto bene in quanto la narrazione si presta benissimo a entrambe le opzioni, quella della reale esistenza di Larry o di una possibile allucinazione di Dorothy. E lo fa seguendo diversi riferimenti, come il ruolo della televisione nell’educare Larry alla cultura occidentale o la critica ai media che distorcono le informazioni o, infine, la danza, sottofondo indiscreto del libro. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, i riferimenti sono a tipi di danza molto diversi fra loro, come il tip tap (il nome Fred rimanda a Fred Astaire, celebre danzatore di tip tap), il balletto classico (Dorothy fa esercizi di danza e, in particolare “un movimento che riteneva da Lago dei Cigni”), il minuetto (danza di coppia del periodo barocco, Dorothy immagina Larry che la danza “con passo energico, elastico”), la danza contemporanea di Merce Cunningham (Larry riesce a danzarne “un’imitazione perfetta” dopo averla visto in tv, anche se inizialmente non la comprende).
Sembra quasi che attraverso il linguaggio diversificato della danza, Ingalls riesca a mettere a fuoco alcune caratteristiche dei personaggi. Per esempio il tip tap (Fred) e il balletto classico (Dorothy) sono agli antipodi, l’uno si basa su di un rapporto percussivo col suolo, le scarpe apposite fanno il classico rumore che accompagna le variazioni, mentre l’altro, specie per la ballerina, si fonda su di una tensione verso l’alto, esemplificato dallo stare sulle punte. Fred e Dorothy non si capiscono, danzano due danze differenti. Seguendo questo filo, possiamo dire che anche il rapporto fra Dorothy e Larry si complica. Dorothy dice di non capire fino in fondo Cunningham, mentre Larry ad un certo punto “si alzò ed eseguì la danza che avevano visto in televisione. A Dorothy parve uguale identica a come gliel’aveva già vista fare. ‘Adesso capisco,’ ripeté [Larry]”. È come se a questo punto egli avesse capito, tramite la danza di Cunningham (o forse grazie ad essa), qualcosa di fondamentale che a Dorothy sfugge e che forse nel finale Ingalls ci rivela, almeno in parte.

Al Gruppo di Lettura abbiamo parlato del periodo in cui è stato scritto il libro, il 1982 e ci siamo chiesti che rilevanza possa aver avuto all’epoca. Ronald Regan era presidente, la Guerra fredda era ancora in vigore, Gorbachev sarebbe salito al potere dopo tre anni e il Muro di Berlino sarebbe crollato dopo sette.
Non sembrano esserci riferimenti diretti alla politica (anche se il Lago dei Cigni è un famosissimo balletto russo). La figura di Larry e la diversità che rappresenta, possono costituire un’allusione, in quanto Larry viene visto come “estremamente pericoloso.” In realtà però ricorda piuttosto un esemplare la cui diversità può anche essere spettacolarizzata, “si sperava che potesse costituire un’attrazione per gli studenti di tutta la nazione.”
Oltre alla danza, numerose sono i riferimenti al teatro, nel nome Caliban, come abbiamo visto, ma anche per quanto riguarda una mostra di costumi d’epoca che Dorothy visita assieme ad Estelle e il trucco, che Dorothy decide di applicare su Larry per mascherare la sua identità quando escono di casa, “Dorothy l’aveva truccato di beige. Ma quando Larry mise le mani sui trucchi, scelse tre sfumature diverse: giallo-bruno, rosso-bruno e marrone scuro”. Non viene menzionato il bianco colore associato alla categoria razziale di solito al potere, ma i colori associati ad altre categorie razziali come il giallo per le popolazioni asiatiche.

Larry pare giocare con questi colori come a sottolineare che è superfluo suddividere le popolazioni in base al colore della pelle. Il concetto di razza è oggi ritenuto una costruzione sociale, che non ha fondamenti scientifici e Ingalls sembra già sottolinearlo nel 1982, mescolando la questione della
messa in scena di uno spettacolo con la costruzione identitaria di Larry che prosegue con altri dettagli legati ai guanti e ad una parrucca, “ottimo. Credo che proverò un colore diverso ogni sera” afferma Larry al riguardo.
Mrs. Caliban è un viaggio inusuale nella società statunitense, una critica al consumismo (divertente la scena al supermercato delle prime pagine), all’ipocrisia dei rapporti umani e alla crisi della coppia. Ma soprattutto è una riflessione sulla diversità. Ingalls dà vita ad una creatura aliena di colore verde e pone questioni attualissime, come la possibile definizione “del termine essere umano” in relazione a quello di animale, la pretesa della scienza di analizzare, controllare e capire ad ogni costo, il rapporto fra libertà e regole sociali. Ingalls ci spinge così al dialogo e allo scambio con gli altri e nel farlo ci conduce davanti ad uno specchio dove il dialogo e lo scambio mutano in sguardo critico verso noi stessi e la nostra cultura.

Mrs. Caliban, di Rachel Ingalls, Edizioni Nottetempo (2018), pp. 160, euro 14
(ordinalo scrivendo una email a: barricatedicarta@autistici.org – spese di spedizione incluse)