Il futuro colonizzato

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di: Jackob Flint

Dopo la pubblicazione nel 2017 di ‘L’impero virtuale’ e nel 2018 di ‘L’algoritmo sovrano’, nel 2019 esce dalla penna di Renato Curcio, sempre per Sensibili alle Foglie, ‘Il futuro colonizzato‘.

Come gli altri due titoli si tratta di un saggio di poco più di 100 pagine in cui l’autore condensa una quantità notevole di riflessioni, conoscenze e dati per descrivere uno dei possibili futuri.

Il libro si inserisce nell’ambito di un percorso di riflessione e presa di coscenza che coinvolge sempre più persone, attorno all’uso dei social media, al valore che essi producono, alle modifiche che inducono nella società.

‘Il futuro colonizzato‘ si apre con una riflessione sul tempo.

Sono molti i libri e gli scritti che ci aiutano a riflettere su come da 10 anni a questa parte, ossia da quando Facebook si è iniziato a diffondere capillarmente nel nostro paese, sia cambiato il nostro modo di fruire il tempo. A tal proposito cito solo un articolo ed un libro: ‘come ci si annoiava prima del 2020?‘ di Data Error e il libro ‘Cronofagia‘ deditore.

La constatazione da cui parte Curcio è che “i nuovi contesti generati da piattaforme digitali,…, abolendo la ritmicità dell’alternanza ciclica tra il giorno e la notte stano spiazzando le vecchie mappe temporali vincolate al tempo delle macchine meccaniche e dei ritmi di consumo della società capitalistica e ci proiettano in una temporalità algoritmica non più riconducibile alle esperienze passate…” ossia sta cambiando il nostro modo di vivere il tempo.

La digitalizzazione delle nostre giornate ha eliminato la noia e messo a valore quel tempo speso sui dispositivi.

In Svizzera si riconosce il tempo per andare a lavoro come tempo di lavoro, in quanto si controllano email e quant’altro. In questo caso è palese il collegamento che si fa tra tempo impiegato dalle persone e lavoro fatto.

Sulle piattaforme digitali questo collegamento non è così banale ed esplicito.

Il tempo passato sulle piattaforme digitali, da ogni utente, da ognuno dei miliardi di utenti dei servizi di Google, Facebook, Twitter, Amazon, etc produce dati, miliardi di miliardi di dati su qualunque cosa: gusti, consumi, relazioni, etc etc.

Tale raccolta di dati avviene nella totale complicità dell’utente che in cambio di un servizio che trova utile (gmail, whatsapp, google maps) o che lo diverte (facebook, instagram) fornisce un sacco di informazioni. Tale scambio non è affatto pari, “è uno ‘scambio ineguale’ tra colonizzatori della rete e i loro clienti, che nel contesto capitalistico non fa alcuno scandalo“.

E quando questi algoritmi hanno bisogno di maggiori informazioni per apprendere? Ecco che partono le sfide: la gamification.

L’esempio che spesso viene riportato è quello del gioco proposto agli utenti di Facebook di pubblicare una propria foto di oggi e di 10 anni fa, una di fianco all’altra e giocare con i propri contatti su come si è invecchiati e cambiati. Milioni di utenti hanno trovato molto divertente questo piccolo gioco che è servito all’algoritmo di Facebook di sviluppare nuove conoscenze su come cambiano i volti umani negli anni, migliorando le tecnologie di riconoscimento facciali, righe di codice utilissime e molto redditizie quando poi vengono rivendute ai governi di tutto il mondo per implementare tecnologie di controllo e la repressione  sociale.

I dati raccolti servono ad una molteplicità di altre cose cose, dalle più immediate, come campagne di marketing mirate, e tutti ne abbiamo avuto prova vedendo le pubblicità su Facebook relative ai prodotti che stavamo cercando poco prima, alle campagne di previsione, alla colonizzazione del futuro.

Se un’azienda sa profilare perfettamente una popolazione può prevedere, attraverso sofisticati software predittivi, i consumi di quella popolazione, e li può indurre attraverso i meccanismi di produzione di notizie e bisogni che si instaurano all’interno delle piattaforme social.

Ecco quindi un primo futuro colonizzato, un futuro dove le scelte politiche, economiche e di consumo sono costruite e non più frutto delle dinamiche che conoscevamo fino a pochi decenni fa.

Di tali sviluppi ne abbiamo già alcuni esempi anche in Italia, con la macchina propagandistica della Bestia di Salvini o della Casaleggio Associati. Attraverso la profilazione di migliaia di account, tali compagnie riescono a produrre contenuti, veri o falsi che siano, da dare in pasto a quelle persone che l’algoritmo sengala come suscettibili ed influenzabili con tali news.

Dalla politica all’economia il passo è breve.

L’accumulazione di dati e conoscenze sui gusti delle persone ben si applica al marketing predittivo e facilmente permette a pubblicitari scaltri di utilizzare tali informazioni per indurre necessità di consumo assolutamente superflue.

Da qui il libro continua esplorando scenari che fino a poco tempo fa avremmo definito fantascientifici: controllo del DNA della popolazione mondiale attraverso una raccolta volontaria, software che generano macchine capaci di lavorare, inventare ed innovare, insomma sostituire completamente l’uomo anche nei campi più estremi.

Il futuro colonizzato di cui ci parla Renato Curcio è un futuro dove i social, la ganmification, hanno modificato profondamente il nostro modo di vedere queste tecnologie, producendo in noi una sorta di benevolenza nei confronti di esse ed una passiva accettazione della pervasività nelle nostre vite.

Basti pensare agli esperimenti di controllo sociale in Cina, dove ogni abitante ha un punteggio dato dalla propria reputazione online. Punteggio poi spendibile nella vita pubblica e lavorativa.

Ma senza andare così lontano si possono guardare gli esperimenti condotti in Svezia e Danimarca, ma anche in Italia.

Il futuro colonizzato è un futuro dove le macchine lavoreranno per e più degli uomini. Dove le macchine sostituiranno l’uomo in quelle mansioni più ripetitive e riproducibili, come nel porto di Birmingham dove le navi mercantili attraccano guidate da sistemi di guida autonoma e in maniera altrettanto autonoma vengono caricate e scaricate dai container merci, tramiti gru e camion controllate dall’intelligenza artificiale.

Questa evoluzione porta ad un notevole cambio del mercato del lavoro, sopratutto nei paesi ricchidove l’innovazione tecnologica e l’AI saranno applicate prima. Il saggio su questo punto è molto interessante perché parla di un futuro del mercato del lavoro e della formazione che è già ora in atto.

Su questo punto l’analisi che viene fatta è diversa, e per certi versi opposta, a quella fatta da molti progressisti che vedono nell’automatizzazione un processo positivo. Con AI, computer e robot a fare il lavoro degli uomini, si libera tempo e migliorano le condizioni di lavoro.

Se questo in parte è vero, sopratutto nei lavori pericolosi ed usuranti, il saggio ci dimostra come il capitalismo si sia già attrezzato e in tutta tranquilità già sottragga all’uomo il tempo libero, traendone valore. E dall’altro lato ci mette in guardia sulla pericolosità di un processo di specializzazione del lavoro che taglierebbe completamente fuori quelle fasce di popolazione poco o per nulla formate, andando ad alimentare la forbice del divario sociale.

Il mondo della formazione poi, come già i movimenti studenteschi di alcuni anni fa (come l’Onda) sottolineavano, si sta profondamente modificando spostandosi verso un sapere specialistico ad uso e consumo delle multinazionali che finanziano i più prestigiosi corsi di laurea. E qui è interessante la riflessione sulla differenziazione di classe nella formazione altamente specializzata, per l’approfondimento della quale, come degli altri argomenti, rimando alla lettura del libro.

Questo breve scritto non è una recensione completa ed esaustiva ma vuole essere un appunto dello schema su cui Renato Curcio ha costruito ed argomentato “Il fututo Colonizzato”. Uno stimolo ad approfondire.

Nella lettura troverete tantissimo altro, esempi di come la nostra vita quotidiana, lo studio ed il lavoro stiano cambiando, capirete chi sono i transumanisti e cosa teorizzano e prevedono. Avrete una suggestione di come potrebbe essere il futuro dopo la singolarità.

Questo saggio non è adatto per chi si limita a criticare Google in quanto evasore o Facebook per Cambrige Analytica. E’ un saggio per chi vuole andare in profondità, iniziare a scendere nella black box. Per chi vuole prendere maggiore consapevolezza degli scenari futuribili. Non è un saggio allarmista o rassegnato, propone, sul finale, delle chiavi per smontare la Macchina, l’algoritmo, o almeno per provarci e Resistere.

Il libro puoi comprarlo sulla libreria online dell’editore cliccando QUI o in una delle nostre librerie.

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