di: Enrico Bocchini
Siamo nel 2020, a Bergamo, epicentro mondiale della pandemia di coronavirus.
Qui vive Francesca Nava, autrice del libro-inchiesta “Il focolaio” e una delle prime giornaliste ad occuparsi fin da subito della questione pandemica.
L’autrice nell’introduzione fa un invito:
”[…] Vorrei che queste pagine le leggesse soprattutto chi non conosce Bergamo, chi non conosce la mia città, chi non è mai stato qui, in queste valli, chi non conosce il carattere schivo della sua gente, chi non conosce il pudore dei miei concittadini poco avvezzi a esternare le proprie emozioni […]”.
Eppure le pagine che seguono sono dense di emozioni: il tormento nella voce del direttore medico dell’ospedale di Alzano Lombardo, il dolore negli occhi di chi ha perso una persona cara, la rabbia viva di chi non si rassegna e chiede giustizia.
La narrazione procede con ordine cronologico, ricomponendo il puzzle e rimettendo in ordine i fatti.
L’autrice non cede a facili semplificazioni ma affronta minuziosamente la situazione (e la gestione) pandemica nella sua complessità.
In un’incontro pubblico Francesca Nava ha detto che le persone non si rendono conto di ciò che è accaduto in Valseriana: in generale si pensa che il virus abbia colpito tutta Italia allo stesso modo anche se con intensità differenti, ma quello che è successo nella provincia di Bergamo non può essere comparato con nessun altra zona. In effetti basta leggere i dati per capire che qualcosa è andato storto: in quel territorio i morti sono tanti, troppi.
Nella narrazione emergono degli interrogativi urgenti: le cose potevano andare diversamente?
Perché proprio a Bergamo e in Lombardia?
Di chi sono le responsabilità?
A queste domande l’autrice cerca di dare delle risposte soffermandosi particolarmente su alcuni episodi e punti che ritiene centrali rispetto al diffondersi del contagio.
Il primo di questi riguarda l’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo e quanto accaduto al suo interno.
Lì dentro alcuni pazienti ricoverati con polmoniti atipiche vengono sottoposti a tampone e risultano positivi al Covid-19, così vengono scoperti i primi casi.
Questo avviene disobbedendo alle indicazioni dei protocolli, secondo cui, si doveva sottoporre a tampone solo chi era di ritorno dalle aree interessate dal contagio in Cina o chi aveva avuto contatti con persone che provenivano da quelle regioni.
Il 23 Febbraio, dopo aver mantenuto l’attività ordinaria e quindi anche il regolare transito di personale e pazienti viene chiusa la struttura.
La cosa più grave, però, avviene tre ore dopo quando la Regione, in particolare per ordine di Luigi Caiazzo (ex poliziotto senza alcuna competenza in ambito sanitario), impone la riapertura dell’ospedale senza che sia avvenuta una regolare sanificazione.
Questa decisione molto probabilmente ha determinato lo scoppio e facilitato la diffusione del più grande focolaio d’Italia destinato ad espandersi – come emerge nel libro – anche ben oltre i confini nazionali.
Un’altra questione che ha fatto molto discutere e viene ampiamente affrontata dall’autrice è quella della mancata zona rossa proprio nei territori di Alzano e Nembro.
Perché sono state applicate le misure più restrittive per arginare il contagio nel lodigiano e non è stata fatta la stessa cosa nella Valseriana neanche quando quest’ultima presentava chiaramente una situazione più critica?
Al centro di questa decisione come emerge dai fatti c’è il tessuto produttivo del territorio: motore economico dell’Italia e connesso con grandi aziende europee ed estere.
In questo sono evidenti le colpe di una politica allo sbando incapace di prendere decisioni, schiacciata dalle pressioni di Confindustria e immobile di fronte all’evidente conflitto tra profitto e salute.
Sempre più netta è la polarizzazione che si viene a creare tra il malcontento di lavoratori e lavoratrici per l’assenza di garanzie e tutele sanitarie e la volontà degli industriali di mantenere attiva la produzione.
Proprio mentre il contagio dilagava e si discuteva sull’istituzione della zona rossa, usciva lo spot di Confindustria chiamato “Bergamo is running” pensato e prodotto per tranquillizzare i partners economici internazionali.
Gli scioperi in questo periodo sono numerosi, alcuni di questi sono determinati e costringono le imprese lombarde a chiudere, come nel caso della Dalmine.
Tutto questo, però, non basta a frenare l’avanzata del virus nei luoghi di produzione che prosegue con esiti drammatici.
Un’altra questione su cui l’autrice pone l’accento è quella relativa al lockdown nazionale istituito il 9 marzo scorso, un provvedimento più morbido rispetto alla “zona rossa”, che non chiude le attività lavorative e che equipara territori con situazioni ormai critiche e fuori controllo ad altri dove il rischio di contagio è minimo.
Oltre a tutto questo è affrontata la questione imprescindibile dell’organizzazione sanitaria della regione Lombardia, colpita negli ultimi anni dalle riforme di Formigoni e di Maroni che hanno determinato il depotenziamento e la distruzione della medicina pubblica, preventiva e territoriale, quella necessaria a reggere l’impatto di una pandemia.
Il famoso ”modello Lombardia” basato sulla sanità privata altamente specializzata ha fallito, mostrando tutte le sue fragilità e la sua natura classista.
Quella accaduta nel territorio lombardo è stata una catastrofe annunciata e prevedibile ma non per questo inevitabile.
Il 22 Marzo 2020 è nato il comitato “Noi denunceremo” costituito dai parenti delle vittime di coronavirus, le cui storie sono narrate tra le pagine del libro.
Anche la magistratura ha avviato diverse inchieste per individuare eventuali responsabilità, un reato su cui è stato aperto un fascicolo è quello per epidemia colposa in Lombardia.
Più che mai ora abbiamo bisogno di costruire una memoria collettiva su quanto accaduto in quei territori dopo la comparsa di questo virus che ha invaso il mondo e dal quale non ci siamo ancora liberati.
È necessario individuare le responsabilità e gli errori commessi per fare in modo che non si ripetano e che siano da monito per il futuro, anche per quanto riguarda la necessità imminente di ripensare la sanità nel nostro paese.
Per questi motivi “Il focolaio” di Francesca Nava è un libro-inchiesta prezioso e fondamentale.
Editore: Laterza
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 17 settembre 2020
Pagine: 200 p., Brossura
EAN: 9788858142257
Costo: 15€